Gli ATC o ambiti territoriali di caccia hanno rappresentato in questi ultimi mesi il pomo della discordia per molti cacciatori della Sardegna.
Infatti al fronte dei cacciatori favorevoli si è contrapposto quello dei contrari.
Ognuna delle due fazioni ha cercato di motivare la propria scelta mettendo in evidenza quelli che sono i vantaggi della posizione assunta e gli svantaggi dell’altra.
Con questo articolo voglio cercare di fare un po’ di chiarezza a riguardo.
Partiamo analizzando la posizione dei contrari in cui si denota che in base a ciò che viene recitato dalla legge quadro all’art. 14 “Le regioni … ripartiscono il territorio in Ambiti territoriali di caccia possibilmente omogenei e limitati da confini naturali”. Secondo alcuni risulterebbe improbabile riuscire a creare queste zone omogenee in una regione in cui in pochi metri si passa da spiagge bianche a tortuosi promontori. Inoltre sempre in base alla legge che continua dicendo “Le regioni … stabiliscono con legge le forme di partecipazione, anche economica, dei cacciatori, alla gestione, per finalità faunistico venatorie, dei territori compresi nelle ATC. … L’organo di gestione provvede altresì, all’erogazione dei contributi per il risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica”. Tutto ciò si dovrebbe tradurre in un aumento esponenziale delle tasse dei cacciatori utilizzate per la gestione degli ATC. A sostegno della loro posizione menzionano anche l’art. 10 della 157/92 (piani faunistico venatori) che afferma che soltanto il 15{92dce438c795f1a06f7ba1ca02a686d07c7097ced88756a63b00584505aa4d25} del territorio può essere riservato alla creazione di aziende faunistico venatorie. In sintesi essendo già stata impegnata questa percentuale di terreno per le autogestite le ATC sancirebbero la loro morte da cui discende un pregresso socio-ambientale.
Di diversa opinione il fronte del si secondo cui gli ATC non sostituirebbero le autogestite che continuerebbero ad esistere. Inoltre con l’avvento degli ambiti territoriali di caccia e l’inserimento di regole nella gestione del territorio verrebbe risolto il problema della convivenza dei cacciatori come conferma l’esperienza della ATC 2 della provincia di Arezzo. Inoltre con una programmazione e gestione seria del territorio si riuscirebbe a bloccare l’estinzione di certe specie. E tramite un percorso mirato si riuscirebbe a limitare la presenza dei nocivi causa della diminuzione di alcune specie in base alla legge naturale della sopravvivenza.
Io non so se alla fine verranno istituiti gli ATC, e se si quanti ne verranno fatti, comunque penso che bisognerebbe portare avanti un opera di sensibilizzazione al rispetto della natura e degli esseri che ci vivono. Per secoli i nostri antenati ci hanno lasciato in eredità un notevole patrimonio ambientale e noi oggi non abbiamo nessun diritto di distruggerlo e impedire ai nostri figli di poterne “usufruire” anche loro.