La giornata di caccia dirada tra i boschi di Montes. Sei amici, giunti da Monserrato e Selargius, giovedì pomeriggio raggiungono i loro fuoristrada per preparare il ritorno a casa. Hanno le doppiette appresso. Ma prima di riporle dentro i mezzi scatta il blitz di 4-5 banditi. Volti immancabilmente mascherati e armi in pugno con la solita risolutezza. Ai cacciatori portano via cinque fucili e altrettanti telefonini. Poi la banda si impadronisce di un fuoristrada, utilizzato per la fuga. Ma non lascia l’altro alla disponibilità dei sei cagliaritani. Per evitare che l’allarme sia celere i rapinatori sparano contro il radiatore del mezzo che resta lì, nel bosco di Montes, mentre il buio protegge la fuga dei malviventi.
LA GIORNATA Succede tutto intorno alle 17,30 di giovedì, al termine di una bella giornata trascorsa a Montes. I sei cagliaritani in trasferta arrivano nella mattinata: quattro si mettono in viaggio da Selargius, due da Monserrato. Sono a bordo di due fuoristrada che parcheggiano in uno spiazzo. Tutti sono trascinati qui dalla passione per la caccia. La giornata scivola in fretta. Alle 17.30, quando la luce è ormai esaurita, sono pronti a riprendere la strada del ritorno verso casa. Invece, è l’ora dei banditi e tutto cambia.
IL BLITZ I rapinatori compaiono all’improvviso. Quattro o cinque, armati e col volto mascherato. Basta poco per imporre alla comitiva di cacciatori la consegna dei loro fucili: cinque in tutto. Ma i malviventi non si accontentano: vogliono anche i loro telefonini. Cinque cellulari finiscono così nelle mani dei banditi. Non sanno che manca il sesto. I cacciatori non lo tirano fuori: pensano che il blitz a quel punto possa finire. Il bottino è incassato e i cacciatori sono ormai disarmati. Invece, i malviventi non si fermano.
LA FUGA I banditi si impadroniscono di un fuoristrada. E prima di mettersi al volante e scappare mirano verso l’altro fuoristrada. Sparano sul radiatore. Così il mezzo non può partire. I cacciatori resterebbero in trappola per ore, sarebbero costretti a tornare a piedi a Orgosolo per dare l’allarme. Invece, l’Sos scatta grazie a quel cellulare rimasto nascosto. La chiamata al 112 non basta, però, a bloccare i rapinatori in fuga. Riescono a sparire nel buio, senza lasciare traccia.
LE INDAGINI Per i sei cacciatori cagliaritani la serata prosegue a quel punto nella caserma dei carabinieri di Orgosolo dove raccontano ai militari come sono andate le cose. Solo nel cuore della notte riescono a far ritorno nelle loro case. Della vicenda si occupano i carabinieri della stazione e della compagnia di Nuoro.
LA CONDANNA A Orgosolo la notizia dell’ennesima rapina a cacciatori in trasferta rimbalza senza fretta. Il sindaco non ne sa nulla fino alla tarda mattinata. Dionigi Deledda, chiamato sempre a commentare vicende poco esaltanti per il paese, con l’abituale disponibilità confessa l’amarezza. «Sono cose gravi. Il silenzio a volte penso parli più delle parole», dice. E un attimo dopo, pensando ai fatti più recenti – dall’aggressione ai turisti stranieri all’atto teppistico verso un giovane di Ales che s’è visto bruciare i capelli all’interno di un bar del centro del paese – aggiunge: «Sto diventando il sindaco delle scuse. La condanna è doverosa e scontata. Ma se c’è uno scippo in un’altra città non mi sembra che il sindaco si metta a chiedere scusa». Deledda l’ha fatto tante volte. Troppe al punto che ora esterna la condanna misurando le parole e invocando il silenzio. Modo diverso per dire basta.
FONTE: www.unionesarda.it