Negli uffici della ex provincia Ogliastra sono arrivate le prime richieste di risarcimenti dei danni provocati dai mufloni. Sulle campagne di Triei si registrano già diverse migliaia di euro di danni causati dai branchi di mufloni che arrivano attraversando i versanti del nord-ovest, dalla zona de S’accu Mannu e da Monte Mundugia, al confine del territorio di Talana.
Simbolo incontrastato della Sardegna più autentica, il muflone sardo è parallelamente l’emblema della Sardegna che non produce, quella che non sa trovare alternative al cadaverico mondo dell’industria, quella che non sa auto-sostenersi. La fauna selvatica è una risorsa in grado di muovere l’economia senza però esaurirsi, un patrimonio rigenerabile, concetto spesso trascurato da chi ha in mano le redini e crede che il miglior modo per tutelare un’entità animale sia il semplice non far niente.
Il muflone sardo è inquadrato in un contesto normativo ormai obsoleto che non tiene conto dell’attuale diffusione e consistenza. Sia la Legge regionale sulla caccia che la legge quadro nazionale ne vietano l’uccisione mentre la direttiva comunitaria 92/43/CEE del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche indica procedure volte alla tutela della specie e il primo passo è rappresentato dalla conoscenza dello stato di salute della popolazione attraverso approfonditi censimenti. Inoltre apre la strada a possibili prelievi selettivi in deroga per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat Naturali e per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà. La Legge Regionale 21 gennaio 2011, n.5 che regola i prelievi in deroga al calendario venatorio apre la strada ad un possibile controllo numerico della popolazione di muflone sardo per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca ed alle acque e per la protezione della flora e della fauna.
La fauna selvatica è considerata “res communes omnium”, cioè cosa di proprietà comune, appartenente all’ambiente e in particolar modo costituente un patrimonio indisponibile dello Stato, che le Regioni e Provincia devono gestire e tutelare.
La chiave di volta per passare ad una gestione venatoria del muflone in Sardegna è rappresentata dall’impatto che questo animale ha sul terreno che lo ospita. Il muflone infatti non avendo predatori naturali come il lupo, è presente in alcuni areali con densità che vanno oltre la capacità portante del territorio con il conseguente danneggiamento di alcune essenze endemiche (oltre ai danni alle coltivazioni) che necessitano di una forte protezione.
Per mettere in essere questo tipo di gestione sono necessari alcuni interventi:
Modifica della Legge 157 del 92 e della 23 del 98 includendo il muflone sardo come specie cacciabile e avviare quindi la normale prassi per la corretta gestione della specie.
Attivare dei prelievi in deroga ai sensi della direttiva Comunitaria Habitat e della Legge Regionale 21 gennaio 2011, n.5
Il muflone è cacciato nella maggior parte delle regioni italiane rappresentando una risorsa economica direttamente prelevabile. La specie in oggetto è inoltre attentamente gestita e il suo status di conservazione può considerarsi più che soddisfacente. Nell’Isola d’Elba è stato avviato un piano di prelievo per arginare i danni che il muflone arrecava alle colture agricole e alla vegetazione naturale. In questo caso si può parlare di corretta gestione della specie e dell’ambiente.
L’Unione Cacciatori di Sardegna auspica un serio intervento da parte delle autorità competenti senza escludere l’intervento attivo da parte di cacciatori opportunamente formati per un prelievo venatorio della specie che gode in tutta la Sardegna di uno status di conservazione ben lontano da quello descritto dalla letteratura scientifica.
Bonifacio Cuccu
Presidente Unione Cacciatori di Sardegna