Se c’è un Parco Nazionale che non dovrà mai essere istituito è quello del Gennargentu. E se c’è un’area selvaggia italiana che più di tutte meriterebbe invece di essere designata in Area Wilderness, è il Gennargentu. Perché? Per le sue dimensioni di spazialità, per la sua asprezza e solitudine. Per il rischio che un Parco trasformi tutto ciò in un mega carrozzone turistico, a scapito proprio della sua caratteristica maggiore che è l’isolamento e la selvaticità dei luoghi. Per il rischio che proprio un Parco Nazionale stravolga quella rusticità che è ciò che rende caratteristico il Gennargentu: la vita e la cultura pastorale, legata anche al mondo della caccia ancorché, spesso, di sussistenza (forse l’unico caso veramente reale in Italia) ma anche di illegalità. Come il firmatario del presente documento ebbe a scrivere molti anni fa della Val Grande piemontese, anch’essa proposta come Area Wilderness ma dai politici voluta istituire in Parco Nazionale per creare il solito carrozzone (che proprio in questi giorni sulla stampa locale è stato criticato per lo sperpero di danaro pubblico!): “quando in Val Grande non vi saranno più bracconieri, la Val Grande avrà perso il suo valore più vero: quello di luogo selvaggio e remoto”.
Ora il Ministro Prestigiacomo, forse per voler dimostrare che anche la destra è ambientalista, sta smaniando in tutto il Meridione per creare nuovi Parchi Nazionali, ed il Gennargentu è uno di questi, dopo quelli proposti in Sicilia, delle Egadi e delle Eolie. Ecco, noi proponiamo invece l’alternativa di grandi Aree Wilderness che preservino il territorio e l’ambiente ma non impediscano l’antichissimo utilizzo delle loro risorse naturali rinnovabili da parte delle collettività locali, caccia compresa, ancorché a rischio di vedere il bracconaggio persistere ancora a lungo.
Se per salvare il Gennargentu gli andiamo a togliere le sue maggiori caratteristiche, allora avremo trovato solo un modo diverso per distruggerlo: addomesticandolo. Come ebbe a scrivere il famoso cacciatore letterato Luigi Ugolini nella prima metà del secolo scorso riferendosi al tombolo di quella zona toscana allora agli inizi delle sviluppo turistico che poi subì, oggi nota come Tirrenia: “Non lo distruggono, ma per noi è lo stesso: lo addomesticano”.
I difensori della cultura rurale e della caccia si muovano in tempo, prima di perdere un altro territorio selvaggio ed altro spazio per le loro pratiche ed attività di sostentamento. I Comuni hanno un unico modo per allontanare l’idea del Parco: provvedere essi stessi a conservare quei territori, ma solo quelli, che veramente meritano una tutela. L’Area Wilderness potrà soddisfare il turismo anche senza Parco, ma se non altro garantirà il non addomesticamento del Gennargentu, l’ultima nostra “terra di frontiera”. O si vuole che tutto diventi una Villa Certosa per il popolo?
Stiano allerta i Comuni interessati, perché se è vero che per entrare nel Parco essi lo devono stabilire con una deliberazione consigliare, come gli viene richiesto, è anche vero che la legge non prevede poi la possibilità di uscirne qualora volessero un domani fare marcia indietro! Purtroppo, questa è la democrazia che abbiamo nel nostro Paese. Portino quindi avanti l’idea di un’Area Wilderness da essi stessi designata ancorché dovendo rinunciare a prebende statali o regionali; che però potranno poi essere richieste a sostegno della loro libera e democratica scelta autonoma basata sull’autodeterminazione dei popoli, mettendo alla prova i politici sul loro sincero impegno per la conservazione di patrimoni ambientali e non già per creare carrozzoni e poltronifici.
IL SEGRETARIO GENERALE
Murialdo, 9 Luglio 2010
F.to Franco Zunino
www.wilderness.it